Fiori d’arancio e lillà spighe di grano s’innalza lieve e sparsa la polvere, io non curante le volo nel mezzo, dritto dritto, non distinguo i colori, non importa ora; uno shock, d’improvviso, abbagliato; come naufrago nel deserto alla vista del miragio non posso che cambiare traiettoria, lucente e succulento cuore il tuo colore, riaccende i miei sensi ed io inebetito ne sono attratto all’infinito, mi precipito in te, nel profondo, sempre più a fondo, una lussuria, lucente piacere di cui non posso fare a meno; lascio un pò di me in te un goccio dolce di saliva e spanderò un pò di te nella mia tana e per il mio mondo; gocce d’essenza di cui sono colmo incimpano e senza tonfo ma con sordo rumore si dissolvono sulla la camicia che è a terra; la camicia chè a terra ed io sopra e lei sopra di me, gemendo un sisma e tutto trema e tutto tace un momento dopo, tutto è fermo ed assordante; il sole alto ci avvolge lo vedo dall’ombra e sento la pelle dolce che si bagna e lecco questo nettare tra le sue gambe sulla stoffa in ogni parte; nell’impeto della creazione tuona un lampo e sbarbella la luce, sbotta e scoppia, tanto bello quanto truce, schizza la vita e giacio esanime, sacrificato, disgiunto, m’affosso tra le crepe della siccità e colo a picco; mi divido, mi ricompongo salto dal trampolino bianco secolare verso il turchese del mare dolce e mi espando, cavalco la superficie, m’increspo incaponito di giungere alla riva, tento e ritento, increspo e reincrespo sempre meno, sempre più debole, sempre più stanco; m’abbandono tra le altre compagne che come me han provato ; assisto alle prove di vigorose altre che falliscono inesorabilmente; Ora non son più solo ora siamo uguali assieme, tutti della stessa specie; finchè non attraversiamo scoppiando tra le rocce ed effervescenti saltiamo e schizziamo giocando ad esser morbidi e freschi lapilli che cadono da un vulcano; e corriamo corriamo veloci, gareggiamo tra noi; di colpo un placido tepore mi solleva mi snellisce dopo aver conosciuto gravità ora tutto è al contrario, o meglio, sono io che cado in alto vittima delle correnti che dominano questo spazio tanto vasto; vedo le stelle vedo altre sorelle che hanno altra forma altro colore; inesorabilmente ne vengo inglobata e loro non curanti della mia resistenza mi stringono schiacciano spingono prepotenti; che rabbia e violenza che suscitano in me, e nelle altre siamo tutte vittime e carnefici quissù; all’improviso mi sento piena di nuova vita, carica di forza, rifocillata e allora spingo sposto schiaccio più forte e più son forte io più sono forti questi miei vicini; urlo e corro mi vedranno dallo spazio e sentiranno dalla terra questo sopruso deve finire; una fitta gelida mi immobilizza rimango ferma mi sento pesante sempre più, le stelle si allontanano ed io mi precipito terrorizzato e da qua amezz’aria nonostante ci sia poca luce lo spettacolo è maestoso ed io non vorrei che continuare a fare ciò che ho fatto fin’ora per poter gustare un simile paesaggio, ancora e ancora; tanti sforzi per così tanto tempo vengono ripagati in questi brevi momenti dorati, mi basta poco.