Giorno 44 “Gatti in fila per tre”

C’erano due fanali che brillavano quella sera per l’unica strada che tagliava il paesino remoto. Le tre case che lo costituivano erano disposte in sequenza una dopo l’altra lungo quell’unica, remota, mal tenuta strada che giungeva dal nulla e passava per l’ignoto per culminare nel vuoto. Quella sera la pioggia ticchettava sul vetro della finestra che era semi aperta in mansarda per dare asilo a quella brezza primaverile fresca che sembra volersi insinuare disperatamente in ogni anfratto. Tommaso aveva appena finito di provare a cenare e rassegnato si rilassava con i piedi sulla sedia e uno dei tanti bicchieri di vino rosso che aveva trangugiato per riempire lo stomaco di qualcosa, qualsiasi cosa. Per l’ennesima volta non era riuscito ad assaporare nulla delle leccornie che aveva impiegato tutto il giorno a preparare e l’unica cosa che avidamente era riuscito ad inserire in bocca era il vino rosso che tanto detesta e di cui non trova un significaro. Era sfinito dopo aver perso la sfida con se stesso ed era immobile contemplando il dolce temporale primaverile. Scorse quei fari che lentamente, quasi a passo d’uomo, si spostavano e con delicatezza evitavano le buche. Era strano, pensò, una macchina a quest’ora in questo luogo. Gli abitanti di questo sperduto paesino non avevano più avuto contatti con nessuno da tantissimo tempo, quasi un’eternità. Quei fari erano una novità. Forse una salvezza. Donatella era intenta a lavare i piatti della cena che aveva preparato con tanta passione per lei ed il suo amato. Canticchiava in mente la canzone che sua nonna le cantava sempre per farla addormentare, quanti ricordi aveva e quanto le aveva insegnato quella donna dalla quale prematuramente era stata costretta a separarsi. Quei ricordi e quella canzone la facevano tranquillizzare. Quella sera come da tempo immemore aveva preparato da mangiare e agognato che il suo amato si mettesse accanto a lei per complimentarsi degli sforzi, baciarla, condividere i suoi stati d’animo. Invece no, anche stavolta era terminato tutto in un litigio, che come sempre era iniziato nel momento in cui lei si era seduta, pronta per rilassarsi e dedicare del tempo a se stessa e alla sua dolce metà. No era accaduto nuovamente che lui era di cattivo umore così aveva iniziato con il solito brontolio per poi passare a frasi sconnesse accusatorie giungendo poi al culmine dell’arrabbiatura sbraitando ed inveendo accuse infondate verso la povera giovane donna. A lei quindi era passato l’appetito e mentre cercava di domarlo e farlo rinsavire lui buttava tutto per terra mentre la insultava a raffica. Piatti bicchieri e posate tutto in terra in frantumi da buttare come il cuore di lei. Così anche stasera era al lavello a lavare gli unici oggetti ancora intatti e rievocava scene di un dolce passato per far scivolare da suo cuore la scenata appena vissuta, come l’acqua scivolava tra la ceramica dei piatti. Ad un tratto dei sassi che scricchiolavano, un rumore ciclico scoppiettante, non era la pioggia o il lavabo. La finestra s’illuminò piano piano sempre più. Passò una macchina lentamente. Donatella si congelò, illuminata dai fari rossi posteriori sembrava a tratti spiritata. Non avrebbe mai voluto che qualcosa sarebbe cambiato, avrebbe lottato a mani nude e muso duro contro chiunque nel tentativo di mantenere quella sua routine. Qualcosa stava per succedere se lo sentiva. Lucia era in cortile sotto il suo porticato che leggeva. Ci provava. Nulla poteva distirburla, nemmeno il rumore di qualcosa ormai sconosciuto, un’automobile. Tutto il giorno era stata fissa su un capitolo perché appena finiva di leggerlo, appena arrivava al punto a cui seguiva dello spazio vuoto che era l’interruzione prima del prossimo, se ne dimenticava. La memoria di quello che aveva appena letto diveniva vuota come quello spazio sulla carta tra la fine e l’inizio dei capitoli. Quasi come quella memoria migrasse dalle sinapsi, attraverso le dita che reggevano il libro, per giungere nel vuoto della cellulosa, senza riempirlo, senza lasciare segno. Così reiniziava a leggerlo e ogni volta era come la prima. Lei serenamente leggeva, si emozionava, si stupiva e continuava e continuava e quando arrivava al punto.


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