Quante volte i tuoi scalini hanno ammorbidito le mie sere grevi
Quante volte i tuoi muri hanno sopportato sfregi di rabbia, carezze avide e scherzi candidi
Quante volte ho abbracciato in silenzio il legno che mi sosteneva
Lucido non ha mai ceduto nonostante i salti le capriole e gli schiamazzi
Tutte quelle porte sbattute per tentar l’isolamento, la disperazione
Le porte aperte per ascoltarsi con amorevole preoccupazione
La strada buia la luce negli occhi e le dita che ti sfiorano
Ti tocco ma non mi tocchi
Ti conosco, mi conosci
La neve a curar l’arsura e la spiaggia negli inverni tanto detestati
Quante storie tra quei due muri, quell’angolo accanto alla finestra
La stessa che in estate proiettava la luna nelle mie palpebre
Gli amori che si portavano via le lacrime
I soldi avidamente risparmiati sui fondali dei libri
I fantasiosi sogni scaturiti dal soffitto pallido
Quanti progetti per il futuro e ripensamenti sul presente
In quell’angolo una vita, all’angolo ma mai arresa, la prospettiva che nulla comprendeva se non la voglia di volare
Ora denso il ricordo s’attanaglia ai piedi e vagheggiare del mondo fuori è coperto da quei rumori
Le sinfonie del giorno e le melodie della notte che da quando sono nato m’hanno accompagnato suonano per il ritorno
Quante volte ti rivedrò in sogno, quante altre resisterò a riprendermi quel posto, quante volte ripenserò a te come il mio grande parcogiochi che m’ha accudito silente dandomi statico vigore e rigide fondamenta.
Cambia il terreno ma le radici hann la stessa forma
e mentre punterò al cielo penserò a ciò che mi ha dato forza.